Innanzitutto un ringraziamento affettuosissimo a Francesca per avermi permesso di entrare a far parte di questa bella “famiglia” e spero di essere all’altezza della presentazione da red carpet che mi ha fatto…
Parlare ai nostri tempi di giochi tecnologici non è semplicissimo, i primi cambiano con l’evoluzione dei tempi, volete anche solo per le risorse dei mercati industriali e quindi degli interessi economici. I destinatari, cioè i nostri figli, pur evolvendosi, pur avendo input in qualità e quantità notevolmente più numerosi rispetto ai genitori ed ai nonni, sono e restano comunque dei bambini con delle tappe evolutive che non sono sottoposte al cambiamento dei tempi.
Potrebbe sembrare banale, ma inizierei esplicitando cosa personalmente intendo quando parlo di “gioco”. Il concetto rimanda all’attività ricreativa, ai passatempi e può coinvolgere una o più persone. Altri elementi fondamentali sono l’obiettivo da raggiungere (nell’ambito del gioco) e le regole da seguire (ed eventuali ammonimenti per la trasgressione). Soprattutto in ambito educativo il gioco è stato ampiamente utilizzato per facilitare l’apprendimento, ad esempio, delle lettere o dei numeri, stimolando la memorizzazione e sollecitando il ragionamento. Componenti assenti, ad esempio, nel gioco d’azzardo, che letteralmente rientra nei giochi, ma non lo è. Tenete presente che il concetto di “gratuità” tipico del gioco, cioè l’assenza di compenso in denaro o perdita, lo rende “sano”, poiché fa leva solo sulla gratificazione personale, eventualmente creando competizione con sé stessi. Ci sono molte teoria relative al “gioco”, ma non voglio tediarvi.
Prendendo spunto dal sociologo francese Caillois (1913-1978) dobbiamo sapere che il gioco è:
• Libero: il giocatore non può essere obbligato a partecipare;
• Separato: entro limiti di spazio e di tempo;
• Incerto: lo svolgimento e il risultato non possono essere decisi a priori;
• Improduttivo: non crea né beni, né ricchezze, né altri elementi di novità;
• Regolato: con regole che sospendono le leggi ordinarie;
• Fittizio: consapevole della sua irrealtà.
E che ne esistono quattro categorie:
• Competizione: sia sportive che mentali;
• Azzardo: tutti i giochi dove il fattore primario è la fortuna;
• Simulacro: i cosiddetti “giochi di ruolo” dove si diventa “altro”, ovvero, si simula;
• Vertigine: tutti quei giochi in cui si gioca a provocare noi stessi.
E oggi, qual è la realtà?
La Società si è evoluta in dimensioni e tipologia in modo più che repentino, ma in un tempo relativamente ristretto. I ruoli, i mestieri, gli adulti, i bambini, i contesti e le relative linee di demarcazione sono cambiate, in alcuni punti si sono ristrette, in altri sono diventate inesistenti. Conseguentemente è impensabile che il gioco, elemento educativo, non ne venisse travolto. Pensate semplicemente a come giocavate voi, seppur giovani mamme…esatto! Nascondino, mosca cieca, campana…provate a proporlo ai bambini di 7-8 anni di oggi. Se ci va bene chiedono un oculista per la “mosca cieca”, per il resto ci guarderebbero come alieni…
In particolare i giochi tecnologici, mi riferisco ai video games, playstation, giochi del cellulare, tablet o computer, hanno dei fattori comuni che li rendono più che appetibili…sono sempre a disposizione h24, non richiedono interazione diretta, quindi limitano se non escludono del tutto il confronto, non necessitano di spazi esterni, insomma, dei veri e propri “baby-sitter” su misura! Punti di vantaggio dei bimbi, ma ahimè anche degli adulti.
Ma il paradosso è dietro l’angolo…quegli stessi giochi che accorciano le distanze dal mondo, allo stesso tempo allontana i nostri figli dagli Altri. Si lascia la realtà per il viaggio nel virtuale.
Ci sono dei rischi? Tra i sostenitori più catastrofici c’è quello alla dipendenza e quelli più ottimisti per cui i pericoli sono minimi.
Io mi colloco nel giusto mezzo. I rischi possono esserci a determinate condizioni, con determinati soggetti.
L’uso dei videogiochi, con ogni tipo di strumento, è oggi diffusissimo e coinvolge e stravolge ogni parametro sociale, non c’è più età, distanza, genere…ognuno può essere chi vuole.
Non mi sento assolutamente di condannare questa che reputo una risorsa e non un pericolo, a condizione che ci si ricordi che il messaggio (come qualunque messaggio, anche nella più semplice delle conversazioni) è percepito dai fruitori, ognuno secondo la propria inclinazione. Il video gioco, piuttosto che il gioco on-line necessita della distinzione netta tra verità e finzione che soltanto un Adulto può (e dovrebbe) offrire al bambino. Il distacco tra il mondo reale ed ir-reale è (o dovrebbe essere) un a priori e se alcuni soggetti recepiscono un messaggio diverso da quello originale inviato dal mittente, la causa non può essere ricercata nel messaggio. Probabilmente non c’è stato un adeguato lavoro di formazione ed educazione tale da far nascere nel soggetto-destinatario la consapevolezza che esiste un piano parallelo alla realtà, si pensi alle produzioni cinematografiche, televisive e alle simulazioni in genere, che esistono contemporaneamente alla realtà, ma che non lo sono.
Ogni fenomeno sociale, il gioco ne è uno dei tanti, dovrebbe essere considerato alla luce del contesto di riferimento spazio-temporale e all’identità personale del soggetto. Il gioco è un elemento di primaria importanza nella crescita e nella socializzazione a tutte le età. I pericoli che possono derivare da un qualsiasi gioco andrebbero di volta in volta studiati in relazione ai destinatari, pertanto l’errore più grande nel quale si può cadere, anche da genitore, è quello di peccare di leggerezza e superficialità. Un gioco, un giocattolo è suddiviso per fasce di età, tra l’altro è una vera e propria normativa che sulle confezioni venga indicata chiaramente la classe di riferimento. Premesso ciò, offrire ad un bambino uno strumento del mondo adulto è un po’ come dare una macchina a chi non sa guidare, può procedere per tentativi, magari se ha “rubato” con gli occhi riesce, ma ciò che manca in assoluto è la maturazione psico-emotiva per comprendere gli effetti di quello specifico strumento.
Nessun cellulare è un demone, ma se dall’uso si passa all’abuso di utilizzo, come per tutti gli strumenti, c’è il grande rischio di esserne strumentalizzati. Resto fautrice ad oltranza, pur utilizzando i preziosi strumenti della modernità, del rapporto empatico e diretto tra genitore e figlio.