Il 3 novembre scorso è uscito il film, “la ragazza del treno” best seller come libro, e pronto a
scalare le classifiche dei botteghini, grazie ad una Emily Blunt strepitosa, che ha abbandonato i
panni dell’altra Emily, quella del “Diavolo veste Prada”, per calarsi in una parte drammatica,
dolorosa e anche penosa. Si perché, oltre al problema dell’alcolismo, il celebre best seller, porta a
galla anche le sue cause.
Rachel arriva a toccare il fondo, perché ha al suo fianco un marito fedifrago che la lascia per
l’amante più forte, che riesce a portarlo via, e perché ha nel cuore un dolore troppo grande per
poterlo reggere da sola, quello silenzioso, che uccide tante donne: l’impossibilità di avere figli, e
quando anche la scienza rema contro, è difficile andare avanti.
Molte donne, hanno nel cuore lo stesso dolore di Rachel, c’è chi lo affronta con più forza, e dopo
essersi ritrovate sole e senza figli, si focalizzano lucidamente su ciò che hanno, un lavoro, le
amiche che ci sono state accanto nei momenti bui, e qualche bel viaggio che fa bene alla mente e
al cuore. Molte, invece, cadono in quel baratro, come la protagonista, e non perché non hanno
accanto amiche e familiari, perché molto spesso, si è circondati da affetto ed attenzioni, ma siamo
noi stesse a non vederlo. Perché non si sono rese conto della forza che hanno dentro, che si può
sopravvivere benissimo a un tradimento del proprio compagno, che fa male è ovvio, ci si sente
ferite, deluse, tradite certo, ma che una volta superato il trauma, si ha ancora la vita davanti, e ci si
rende conto che si sopravvive benissimo senza colui, il quale pensavamo fosse fondamentale per
la nostra vita. Arriverà un momento in cui, si realizza che in realtà quando si pensa che non
possiamo vivere senza una persona, in realtà non si vuole vivere senza quella persona, e che
senza siamo capaci lo stesso di andare avanti.
La stessa cosa succede a Rachel, anche lei si renderà conto che per salvare la donna che lei
ammirava ogni giorno dalla sua carrozza del treno, come la donna perfetta, deve salvare prima di
tutto se stessa, rimettersi in piedi, rimboccarsi le maniche, e raddrizzare la sua vita. Solo cosi,
potrà dare giustizia alla sua pseudo-amica.
Forse questa fragile eroina a cui Paula Hawkis prima, e Tate Taylor poi, hanno dato vita, ci deve far
riflettere, su quanto noi donne possiamo esseri fragili, ma allo stesso tempo forti , anche se dentro
portiamo il dolore di un tradimento unito a quello più grande di non poter avere figli.
Allora mi chiedo, siamo tutti un po’ Rachel Watson? Abbiamo davvero toccato il fondo, non solo
con l’alcolismo, ma anche chiudendoci in noi stesse, o semplicemente non credendo più in un
futuro, per un uomo che ci tradiva? O perché quel Dio che ci ha creato per dare vita, con noi si è
ostinato e ci ha negato questa possibilità?
Credo che ognuno di noi, abbia sofferto per un uomo, per un figlio che non arriva, per veder
svanito tutto ciò in cui si sperava, e quella sofferenza l’abbiamo sentita proprio dentro, ci ha
davvero tagliato in due dal dolore, proprio come la nostra Rachel, ma proprio come ci insegna lei,
ci si rialza più forti e si inizia un’altra vita.